LA TRASPARENZA DEL LIMEN
Da sempre il tema della copertura costituisce uno degli archetipi più densi di attributi simbolici nella plurimillenaria pratica architettonica, e la protezione offerta da una copertura rappresenta ancora, in definitiva, un voler abitare il luogo, il tentativo di stabilire con esso un legame di reciproca appartenenza. Nel caso dell’Auditorium di Adriano, tuttavia, allo scopo predominante del proteggere se ne aggiunge un secondo: colmare il vuoto creato dallo scavo, ri-marginare il suolo.
Scavare, esplorare le proprie radici, stabilire l’indissolubilità del proprio legame con il luogo, con la terra, la roccia, la propria storia. E poi coprire, proteggere, richiudere la ferita, attraverso la costruzione di un limen – la copertura trasparente – che ci consentirà di pensare un dentro e un fuori, un prima e un dopo. E, parafrasando Wittgenstein, di poterli esplorare entrambi.
Questa ambivalenza del concetto di limen è presente con forza anche tra le linee-guida del concorso: da una parte l’attenzione alla tutela e valorizzazione dell’area archeologica, dall’altra agli equilibri consolidati del tessuto monumentale della piazza. Il nostro limen - la soglia da costruire con la copertura - separa e unisce lo spazio. E, in fondo, anche il tempo.
L’attuale assetto dell’area è caratterizzato da un lato dalla forte presenza di emergenze monumentali, dall’altro da una sorta di slabbramento del tessuto in prossimità dei grandi vuoti urbani di piazza Venezia e di via dei Fori Imperiali. Piazza Madonna di Loreto - vittima, in un certo senso, di tale perdita del margine - ha bisogno di ritrovare una sua identità come luogo urbano, possibilmente al di là di quella visione novecentesca dove la presenza della esedra arborea di contorno al monumento a Vittorio Emanuele II ne costituiva l’elemento di maggiore caratterizzazione (offuscando, peraltro, la bella facciata della chiesa cinquecentesca).
La disarticolazione tra lo spazio centrale - prima area verde, ora area archeologica - e il fronte della chiesa, separati dalla sede stradale, è certamente un elemento da considerare attentamente, anche in virtù delle mutate esigenze di mobilità connesse alla chiusura di via dei Fori Imperiali al traffico veicolare.
Un secondo aspetto di rilievo è rappresentato dalla morfologia dell’area, che vede irradiarsi dal monumento a Vittorio Emanuele II un disegno a raggiera che termina sovente in maniera casuale, non potendo, le geometrie che lo generano, essere accolte dal tessuto di contorno.
A tale prepotente richiesta di centralità, cui dovrebbe far riscontro una generica, accogliente concavità dei margini (come per la grande esedra rialzata ad Est del monumento), riteniamo, invece, si debba rispondere con una richiesta di policentricità che individui proprio nell’area dell’Auditorium di Adriano uno dei suoi punti di forza. Trascinando, per effetto centripeto, anche la piazza e la chiesa di S. Maria di Loreto in questa nuova, dislocata centralità, che farà da sfondo e terminale prospettico alla passeggiata archeologica di via dei Fori Imperiali.
La nostra risposta progettuale tiene conto di queste riflessioni per dare vita ad una copertura che – mentre non smarrisce il dialogo con le forme ellittiche e concavo-convesse della sistemazione novecentesca – si propone come elemento di ri-qualificazione della piazza Madonna di Loreto divenendone il perduto margine Ovest. La nuova sistemazione della piazza incorporerà completamente la tenue volumetria della copertura trasparente, estendendosi fino alla facciata della chiesa, quasi ne divenisse il sagrato. Sempre dalla piazza si accederà al percorso in quota che consentirà di ammirare i resti dell’Auditorium di Adriano da una angolazione ottimale, nonché di avere, nel percorso di ritorno, una vista della facciata cinquecentesca finalmente libera dal “rumore visivo” di auto, chioschi, segnaletica stradale. Elementi secondari di arredo urbano completeranno lo spazio: sedili in pietra, che nella loro disposizione risentono delle geometrie delle murature romane sottostanti; una presenza arborea non invasiva, anch’essa memoria del passato novecentesco; una lunga linea di acqua nebulizzata, quasi un’ombra proiettata, per rendere più mite il clima estivo e più accogliente lo spazio.
Il concept morfologico della copertura – due gocce d’acqua che si fondono sul piano – al di là della apparente organicità della soluzione formale – corrisponde ad una puntuale lettura del contesto che risente sia delle direttrici e assi visivi di superficie che delle coordinate geometriche e spaziali del piano archeologico. A questa lettura – ed alla sua interpretazione progettuale – non si sottrae il concept strutturale che ipotizza, a sostegno della membrana trasparente di copertura in PMMA, una serie di lame parallele orientate secondo l’asse predominante. Quello, tra l’altro, che ne minimizza l’ingombro visivo proprio percorrendo la passerella aerea di esplorazione, o provenendo da via dei Fori Imperiali.