Enrico Realacci Architectures
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da Michelangelo a Mies
La scultura è “quella che si fa per forza di levare”, secondo Michelangelo. E Vasari aggiunge “…il superfluo dalla materia”. Quattro secoli dopo, il “less is more” di Mies van der Rohe (non per niente suo padre faceva lo scalpellino).
"Levare" per ricondurre non all'essenziale ma all'essenza, a quel "less" che ci consente di ascoltare gli spazi, e la luce che li bagna silenziosa.
E' nella levità di questo silenzio, che ogni suono acquista un senso profondo.

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 mettere al mondo
Una cosa costruita vive da sé. Una cosa immaginata non è che un riflesso...
Forse aveva ragione Paulo Mendes da Rocha, quando diceva che si può immaginare solo quello che si sa come costruire. La costruzione è letteralmente un "mettere al mondo", dare vita propria a qualcosa che, da quel momento in poi, prescinderà dalla nostra stessa esistenza legandosi con le vite altrui.
Bisogna sapere bene cosa e come costruire...





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 addensamenti
“Ma se voi pensate di misurare il tempo con le stagioni, fate allora che ciascuna stagione racchiuda tutte le altre, e il presente abbracci il passato con il ricordo ed il futuro con l’attesa.”   Kahlil Gibran, Il Profeta.
L’attesa manifesta il tempo, lo rende sensibile, palpabile, quasi “fisico” (misuriamo i nostri respiri, i battiti, i passi, le ore, i minuti…). Ma contemporaneamente lo annulla, riconducendo il futuro all’attimo presente, addensando in ogni istante tutti gli istanti ancora a venire.


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 separazione
Non ho mai creduto nei presunti dualismi tra estetica e funzionalità, senso e scopo, arte e ingegneria. L’atto creativo ha bisogno di attingere ad ogni possibile movente, perché il destino delle cose prenda forma.



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sulla percezione (meta)fisica
L'Ovvio è solo una cristallizzazione del Sorprendente. La perdita del suo stato fluido.
Non soltanto in architettura.


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corrispondenze
Molto tempo fa mia figlia minore, che all'epoca aveva non più di 10 anni, mi scrisse su un post-it nel mio studio:
"Le ali servono per la riabilitazione dei sogni, ma
i sogni servono per la riabilitazione delle ali".

Non so se sapesse esattamente il senso di quello che aveva scritto. Io l'ho sempre pensato racchiuso nella relazione biunivoca (e davvero "riabilitante") tra fine e mezzo, sentimento e ragione, speranza e determinazione, atto creativo e strumento tecnico, che penso sia alla base di quel "gioco sapiente, rigoroso e magnifico" che è l'architettura. E quel post-it non si è mai spostato dalla mia scrivania.


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custodi o padroni
"I am a custodian, not an owner. I must strive to be worthy of the task I have been set" afferma Lord Crawley nella celebre serie britannica Downton Abbey.
Proprio così: più custodi che padroni, se vogliamo davvero essere degni del nostro compito. Perché custodire non significa semplicemente conservare, ma preservare il valore attraverso il mutamento.


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less is more (la lezione della natura)
Dovremmo essere capaci di strutturare lo spazio a partire da una quantità minima di materia: la complessità di informazioni, relazioni, connessioni create, non dipende dalla mole di materiali impiegati, ma da come questi vengono organizzati in insiemi significanti: meno materia, meno risorse, meno massa, meno peso, meno scavo = più libertà, più interazione, più reattività, più disponibilità, più comunicazione.
Un atomo è quasi totalmente costituito da vuoto, e ciò che resta sfugge a qualsiasi definizione selettiva: materia, energia, informazione? Probabilmente le tre cose messe assieme. Ma le due grandi rivoluzioni concettuali del ‘900 - meccanica quantistica e relatività - al momento hanno solo sfiorato le menti di noi architetti!


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figura e sfondo
Abbiamo costantemente bisogno di coniugare la nitidezza del dettaglio con l’inafferrabilità del ricordo, la scansione misurata di tempo e spazio con orizzonti di inarrivabile lontananza.
Perché l’occhio non disimpari a guardare altrove...


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abitare poeticamente...
"I mortali abitano allorché salvano la terra (...). Salvare non è soltanto il sottrarre ad un pericolo, ma propriamente il liberare una cosa, lasciarla venire al suo proprio essere. Chi salva la terra non se ne rende padrone, non ne fa una sua schiava (...). I mortali abitano allorché accolgono il cielo come cielo. Al sole e alla luna essi lasciano il loro corso, agli astri il loro cammino, alle stagioni le loro benedizioni e i loro rigori; non fanno della notte giorno e del giorno una corsa affannosa." Martin Heidegger, da "Costruire, abitare, pensare"


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alchimia sensoriale
La riva del mare: una soglia mutevole dove vento, mare, sabbia condensano i tre stati della materia declinati secondo la più instabile delle forme. Pura alchimia sensoriale!


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sull'incorporeità
L’architettura, come del resto il nostro universo di oggetti quotidiani, strumenti di lavoro, mezzi di connessione col reale, sta subendo un processo di smaterializzazione. Al progressivo ridursi della sua "massa corporea", corrisponde uno slittamento verso l’utilizzo di energia, necessaria a gestire sia i processi di funzionamento – in alcuni casi veri e propri cambiamenti di stato della materia - che le sue forme di interazione. Questa evoluzione, a tratti disorientante, sposta la nostra ricerca dal piano del valore intrinseco dell’oggetto (fattura, materiali, lavorazione, forma) a quello della sua esistenza in termini prestazionali e semantici. L'oggetto libera la propria forma dai vincoli interni di funzionamento per concentrarla sull'interazione con l'esterno (spaziale, emotiva, tattile, simbolica). L' incorporeità è anche nel destino - ovviamente anticipatore - dell'arte contemporanea: che ha già dovuto fare i conti con interrogativi sul tempo e sulla permanenza di valore dell'opera installativa o della performance rispetto alla concretezza dell'opera d'arte oggettuale.


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la pozza d’acqua
"E una pozza d’acqua non più profonda di un dito / che si trova in mezzo alle pietre nel lastrico delle strade / offre vista sotterra così profondamente / quanto s’apre da terra il profondo abisso del cielo: / così che ti sembra di guardare, giù, le nubi e vedere lì il cielo / corpi in modo stupefacente rimossi dal cielo, qui in terra".
Tito Lucrezio Caro – De rerum natura, Libro quarto, Sensazione e pensiero, La Pozza d’Acqua, vv.414-419



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radicamento
L'azione del costruire, come il piantare un albero, inizia con uno scavo nel terreno. Di questo scavo, di questo «momento della genesi», la casa conserverà la memoria attraverso la cantina (per Jung l'inconscio della casa). Sotto la cantina, a contatto con la terra e la roccia, stanno le fondamenta, le radici della casa. Esse stabiliscono l'indissolubilità del suo legame con il luogo, la sua permanenza e - in qualche modo - la sua dipendenza dalla terra. Radicandosi nel terreno, la casa aspira a divenire parte del luogo, a colmare cioè, con il proprio esistere, il vuoto creato dallo scavo delle sue fondamenta.


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natura e tecnologia
la tecnologia più avanzata è anche quella meno invasiva: più si perfeziona, più l’artificio si avvicina alla natura.



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una tecnica "dolce"
Se Augusto si vantava di aver trovato una Roma di mattoni e di averla lasciata di marmo, il sogno di noi architetti, oggi, è quello di recuperare nei luoghi - in tutti i luoghi - la misura umana. Affrancandoli – ed affrancandoci – dalla sudditanza ai dettami della tecnica anzi, utilizzandola per migliorare la qualità della nostra vita.
Da una tecnica dura, contrapposta ai nostri istinti e desideri, a una tecnica dolce, capace invece di assecondarli.

© Copyright 2014 - Enrico Realacci Architectures